Gli Stati Uniti stanno valutando se inviare un “funzionario di alto livello” in Ucraina e stanno pianificando un ulteriore incremento delle forniture militari. Si concretizza così la dimostrazione del sostegno al presidente Volodymyr Zelensky da parte dell’amministrazione Biden.
In ormai sette settimane di resistenza all’invasione russa, Zelensky è passato dai rimproveri e lodi ai leader mondiali per il loro aiuto, o per le loro mancanze. Parlando martedì sera ha espresso “sincera gratitudine” per gli 800 milioni di dollari in aiuti militari che il presidente Biden ha detto di voler inviare anche per la sponda alle accuse mosse contro Mosca di Genocidio.
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“Bucha, Mariuopol, Kramatorsk sono tutti esempi di violazioni dei diritti umani da parte della Russia in Ucraina” sottolineano ancora dagli Stati Uniti, per bocca della portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, sulla precisa accusa di Joe Biden mossa a Vladimir Putin di genocidio.
“Il presidente Biden” ha precisato la Psaki “parlava basandosi su ciò che ha visto, sulle atrocità compiute da Mosca”.
Nelle nuove forniture promesse dagli USA all’Ucraina ci sono anche dispositivi di protezione individuale contro le armi chimiche, elicotteri Mi-17 e altri pezzi di artiglieria come gli obici.
In particolare, l’invio di presidi protettivi dalle armi chimiche è giustificato dalle preoccupazione espresse dal Pentagono. La posizione assunta dal governo Americano ha provocato irritazione da parte di Pechino e Mosca, ma anche in Europa il Presidente Emmanuel Macron, in particolare per l’utilizzo delle parole di Biden. Evocare il “genocidio” da parte di Biden, secondo il presidente francese non va in direzione di una de-escalatione del conflitto.
Non la pensa così il premier canadese Justin Trudeau, anche lui infatti evoca – e lo fa per la prima volta – il “genocidio” in Ucraina da parte della Russia.
“Questa non è una guerra, è terrorismo” ha sottolineato invece il presidente polacco Andrzej Duda in visita a Kiev il 13 aprile insieme agli altri tre numeri uno dei Paesi baltici, ovvero il presidente della Lituania Gitanas Nauseda, della Lettonia Egils Levits e dell’Estonia Alar Karis. “L’Ucraina” ha detto Zelensky incontrandoli “sente il supporto forte e affidabile di ciascuno di voi”
Il Nytimes intanto scrive che l’amministrazione Usa starebbe valutando l’invio nella capitale ucraina di una figura di alto profilo. Non Joe Biden o Kamala Harris, per garantire la loro sicurezza infatti sarebbe necessario un enorme dispiegamento di protezione. Più probabilmente gli USA invieranno un ministro del governo o un alto funzionario militare. Nessuna decisione, comunque, è stata ancora presa e ad ogni modo, sempre per questioni di sicurezza, non verrebbe annunciata in anticipo.
Così come accaduto ad esempio nei giorni scorsi con la visita a sorpresa del premier Britannico, Boris Johnson.
Su questa nuova fase del conflitto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che “o la leadership russa cercherà la pace, o come risultato di questa guerra, la Russia lascerà per sempre la scena internazionale”. Una guerra che si combatte non solo sul terreno, ma anche con le parole: dopo che i separatisti filo-russi avevano rivendicato il “totale controllo” del porto – negato da Kiev ma successivamente riaffermato da Mosca – la Russia ha dipinto un nemico ormai alle corde, piegato e sempre più demoralizzato. Al punto che 1.026 militari ucraini si sarebbero arresi, tra cui 162 ufficiali e 47 soldatesse.
Secondo il portavoce della Difesa russa, il maggiore Igor Konashenkov, a cedere le armi sono state le truppe “della 36esima brigata di marines, nei pressi dell’acciaieria Ilyich”, da giorni al centro di un rimpallo via social di appelli disperati e smentite di una resa. E ancora una volta, Kiev ha smentito che abbiano ceduto. Anzi, per Zelensky è la stessa Mosca a nutrire dubbi sulla sua capacità di spezzare l’Ucraina.
A Mariupol, dice il sindaco della città, Vadym Boychenko la situazione umanitaria è davvero allo stremo. “I russi hanno distrutto gli ospedali e tutta la città. Questo è un genocidio. Finché resisteremo” sottolinea “resisterà anche l’Ucraina”. E conferma il bilancio di “almeno ventimila” vittime civili e lo sforzo dei russi “di nascondere le prove delle atrocità commesse, utilizzando anche i forni crematori mobili”.
L’offensiva russa continua nel frattempo a puntare sul Donbass, dove continua a bombardare e sta raggruppando le forze per tentare la spallata definitiva e prendere il controllo dell’intero territorio delle regioni di Donetsk e Lugansk.
E’ soprattutto da queste zone che parte della popolazione è già stata “deportata” in Russia, secondo Kiev: oltre mezzo milione di persone, ha denunciato Zelensky, condotte con la forza in regioni remote del Paese, confiscandone documenti e oggetti personali, come i telefoni cellulari, e separando i bambini dai loro genitori per consentire alle famiglie russe di adottarli illegalmente.
Se l’obiettivo strategico si concentra a est, Mosca torna a minacciare anche Kiev, da cui le sue truppe si sono ritirate lasciandosi alle spalle i massacri di Bucha e delle altre città satellite. La Difesa di Putin si è detta pronta a colpire i centri di comando nemici, anche nella regione della capitale, se l’esercito ucraino continuerà nei suoi tentativi di attaccare strutture in Russia.
La CNN americana dice che l’incrociatore Mosca della flotta russa del Mar Nero, che secondo Kiev è stato colpito dai missili ucraini Neptune, è stato abbandonato o è affondato, confermando le incertezze sulla sorte della nave da guerra che secondo Mosca è stata invece “seriamente danneggiata” per l’esplosione delle munizioni che trasportava, in seguito a un incendio sviluppatosi a bordo.