Situazione preoccupante per il futuro pensionistico delle nuove generazioni, tra precarietà e divari retributivi
Il futuro pensionistico dei giovani italiani appare in ombra. Secondo una ricerca del Consiglio Nazionale dei Giovani (CNG) in collaborazione con EU.R.E.S., i giovani che hanno iniziato a lavorare nel 2020 all’età di 22 anni raggiungeranno l’età pensionabile solo a 71 anni, record negativo rispetto ai principali paesi europei.
Nel 2021, i lavoratori under 25 hanno percepito una retribuzione media annua di 8.824 euro, solo il 40% della media nazionale. Per la fascia 25-34 anni, il dato sale a 17.076 euro, l’78% della retribuzione media. A ciò si aggiunge un crescente divario retributivo tra giovani lavoratori di sesso maschile e femminile.
Maria Cristina Pisani, Presidente del CNG, ha sottolineato che “La crescente precarizzazione e bassi stipendi, colpiscono soprattutto giovani e donne, complicando il loro ingresso nel mercato del lavoro.” L’attuale sistema pensionistico, con il passaggio al modello ‘contributivo puro’, è a rischio di sostenibilità, costringendo i giovani a lavorare più a lungo per percepire pensioni meno generose rispetto al passato.
L’analisi di EURES rivelata da Pisani evidenzia che la combinazione di lavori discontinui e bassi salari per i lavoratori under 35 potrebbe tradursi in pensioni che si avvicinano a quelle di un assegno sociale, creando una situazione insostenibile dal punto di vista sociale.
Ulteriori proiezioni mostrano che, se si continua in questa direzione, i lavoratori dipendenti under 35 potrebbero ritirarsi quasi a 74 anni, con una pensione mensile lorda di 1.577 euro (1.099 euro netti). Mentre per i lavoratori autonomi, l’importo previsto è di 1.650 euro lordi (1.128 euro netti).
Alessandro Fortuna, Consigliere di Presidenza con delega alle politiche occupazionali e previdenziali, ha enfatizzato la distorsione del sistema pensionistico attuale, sottolineando l’urgenza di riforme strutturali e l’introduzione di una pensione di garanzia per i giovani.
Infine, l’ultimo rapporto Eurostat rivela che la spesa pensionistica italiana nel 2020 era pari al 17,6% del PIL, il secondo valore più alto nell’UE27 dopo la Grecia.
Pisani ha concluso sottolineando la necessità di un “dibattito nazionale aperto sulle pensioni”, visto come una questione di giustizia intergenerazionale e sostenibilità del sistema sociale del paese.